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Brani di vita

2024-08-31 11:48

Il Bradipo

First floor, Territories, Art and culture, Short fairy tales, News,

Brani di vita

Episodio n° 0Vedevo il mare, seduto in quel bar con mio figlio e mia moglie, sorseggiando una bibita fredda per lenire il caldo umido di quelle sere.

Episodio n° 0

Vedevo il mare, seduto in quel bar con mio figlio e mia moglie, sorseggiando una bibita fredda per lenire il caldo umido di quelle sere. Ci trovavamo di fronte un piccolo porto di pescatori, come tanti che si trovano lungo la costa palermitana. Il sole era tramontato da poco e i colori si mescolavano con gli odori, come avviene a volte magicamente nella mia terra. Mi alzai in silenzio e mi diressi verso l'angolo dove confluiva una strada a me sconosciuta. La osservai, la fotografai con la mente e tornai indietro; pochi passi ne misuravano la distanza dal tavolo dove ero seduto.

"Dove sei stato?", mi chiese mio figlio Michele, il mio unico figlio che la vita ci aveva “consegnato”, trentenne, con una moralità e un'educazione d'altri tempi.

"Ero curioso di scoprire cosa ci fosse dietro quell'angolo, di capire da dove provenisse la strada."

Lui rise, pensando certamente che la mia età mi portasse ormai a compiere azioni irrazionali. Non sa della mia “curiosità” che mi ha sempre accompagnato da quando ho memoria.

1952 - 1959

Episodio n°1 

Il primo febbraio del 1952, all'ultimo piano di un vecchio stabile di via Ruggero L'Oria, nacqui in casa. A quei tempi non era comune andare in clinica per partorire; la levatrice e la natura facevano egregiamente il loro lavoro, e i "tagliapancia" non si erano ancora diffusi. Abitavamo in una casa, coabitando con i nostri parenti; eravamo ancora reduci dal disastro lasciato dalla guerra e non c'erano redditi sicuri. Ci si arrangiava aiutandosi l'uno con l'altro.

I Catalano erano i parenti di cui parlo: quattro figlie femmine di mio nonno Vincenzo, che vivevano tutte sposate e con figli a carico di Don Vincenzo Catalano, mio nonno. Erano figlie di secondo letto, come si dice ancora, perché dopo aver generato un figlio maschio, Antonino, mio nonno rimase vedovo e si risposò con una bellissima ragazza, che gli diede quattro figlie femmine: Zina, Rosetta, Maria e Sara. Rimase ancora vedovo presto mio nonno.

Ricordo l'azzurro del cielo, incredibilmente luminoso, visto attraverso il lucernario della scala dove abitavamo, e un odore fortissimo di mele che proveniva dai magazzini situati al piano terra, che rifornivano il vicino mercato di via Montalbo.

Episodio n° 2

Ero al mare, 1954. Non è sufficiente dire "ero al mare". Quel mare non era come gli altri; divenne, nel corso della mia vita, un luogo speciale, magico, intimo. Un luogo che rimane nella mia memoria soprattutto attraverso l'olfatto: l'odore di salsedine, di sabbia e di legno. Ricordi che riaffioravano ogni volta che ci avvicinavamo allo stabilimento balneare "ri l'Acqua Santa".

Non ho ricordi "visivi", tranne una montagnola di sabbia che iniziai a scalare a carponi, perché ero curioso di vedere cosa ci fosse oltre. Scoprii il mare, che vedevo per la prima volta, e fu un incontro che rimase impresso nella pellicola della mia memoria.

Quei luoghi non esistono più; me li hanno portati via con la violenza che solo il "progresso" e le necessità collettive possono infliggere. Quella spiaggia, quell'agglomerato di capanne in legno su palafitte, frequentata anche da Donna Franca Florio, terminava a destra con uno sperone di roccia, sulla cui sommità sorgeva la bellissima struttura chiamata "Villa Igea", fatta costruire dai Florio, ricca dinastia di “veri” imprenditori. A pochi metri dal mare c'erano anche Villa Lanterna Gravina e il primo istituto nautico della città. (1789) E come non citare la grotta ipogea dove scorge tutt'ora una sorgente di acque termali riconosciute curative e da dove prende il nome l'intera contrada.

Episodio n° 3

Arrivò chiaramente soddisfatto, con gli occhi raggianti, mio padre, con in mano un aggeggio strano che poi scoprimmo essere un seggiolino da applicare al manubrio della bicicletta per trasportare i bambini. Il bambino ero io.

Ricordo benissimo la vecchia bicicletta di mio padre; era un ferrovecchio, ma lui la restaurò e la fece diventare un oggetto bellissimo, o almeno io lo vedevo così. Molte serate furono dedicate al suo recupero, e io ero il suo orgoglioso aiutante. Imparai a tendere la catena, a riparare le camere d'aria, a carteggiare i tubolari, a mettere a punto le ganasce dei freni, a controllare la dinamo e a verniciare. Argento: quello fu il colore scelto, ed era bellissimo.

Quella domenica, di cui ho un ricordo vivido, mio padre mi sollevò in braccio e mi fece sedere su quel trabiccolo fissato al manubrio della bicicletta argentata. Come spesso accade, i ricordi che riemergono più facilmente sono quelli olfattivi più che visivi, e mi tornano alla mente gli odori del meraviglioso Parco della Favorita, che si attraversava per andare a Mondello, una località prediletta dai palermitani e un golfo baciato da Dio, che si estendeva curvandosi tra il promontorio di Monte Pellegrino e un piccolo approdo di pescatori. Prima di avvistare il mare, lo si percepiva nell'aria, preannunciato dall'odore di sabbia e salsedine. Ricordo il respiro affannoso di mio padre mentre, al ritorno, arrancava lungo lo stradone chiamato Viale Regina Margherita, con una leggera ma costante e lunga salita che metteva a dura prova i ciclisti che ritornavano da Mondello.



 

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